La notizia gira ormai da ieri sera ed è il caso di affrontarla anche per capire cosa sia successo davvero e quale sia il ruolo di Coinbase anche nella quotazione di token minoritari e se dietro questo possa esserci stato o meno intento di manipolarne i prezzi.

Il succo della notizia è questo: Ishan Wahi, che un tempo era Product Manager per Coinbase, è stato accusato di front running o meglio di insider trading, cioè di aver puntato su token e coin che successivamente sarebbero stati quotati proprio su Coinbase. Il meccanismo non è difficile da capire anche per chi si sta affacciando per la prima volta a questo mondo.

Ogni quotazione su Coinbase e sugli altri principali exchange di criptovalute porta sul brevissimo termine a rialzi del valore del token stesso, cosa che rende ovviamente facile per chi conosce in anticipo i token che andranno ad essere quotati incamerare dei guadagni importanti. Con il piccolo problema che si tratta di un comportamento oltre i limiti della legalità e che dunque ha causato problemi a Wahi, che ieri sarebbe stato arrestato mentre cercava di lasciare il paese. Arresto che è avvenuto con il plauso anche del CEO di Coinbase.

Arresti tra ex Coinbase: cosa sta succedendo?

Tutto per un milione di dollari circa. Somma sicuramente al di fuori della portata di molti, ma che non sembra esattamente la quantità di denaro che potrebbe spingere qualcuno ad organizzare un’operazione di questo tipo. O meglio, un guadagno decisamente ridotto se dovessimo tenere conto del fatto che con ogni probabilità Wahi finirà a passare una quantità di tempo importante nelle patrie galere degli USA.

Un’associazione a delinquere…

A parte quanto sarebbe riuscito a sottrarre, è il comportamento ad essere stato particolarmente grave, perché lesivo di ogni tipo di garanzia nei confronti degli utenti che, fondamentalmente, hanno funzionato come una exit strategy per guadagni facili facili nel mondo dei token emergenti. Token che sono a bassa capitalizzazione e che dalle quotazioni su Coinbase hanno vissuto sempre o quasi delle impennate tanto repentine quanto di breve durata.

Secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, tramite la Procura Federale di New York si sono avuti i primi arresti di sempre per insider trading nel mondo delle criptovalute (e non di Bitcoin). Giovedì scorso ishan Wahi, che stava cercando di uscire dal paese e che era il soggetto preposto alle quotazioni di nuovi token su Coinbase, è stato appunto arrestato con questa grave accusa.

E a far parte della partita ci sarebbe anche SEC (anche se non capiamo con quale potere giurisdizionale) che ha segnalato come il comportamento di Wahi sia in violazione aperta di diverse normative dell’agenzia in tema di contenimento delle truffe.

Gli arresti di oggi sono un ulteriore segnale del fatto che il Web3 non è un territorio oltre la legge.

Con tanto di dichiarazione da sceriffo, confondendo un po’ i piani del Web 3 e dei token speculativi, un po’ per cavalcare le buzzword del momento, ricordando ai nostri lettori che anche la carica di procuratore federale negli USA ha forti connotazioni politiche.

Il nostro messaggio con queste accuse è chiaro: una frode è sempre una frode, che occorra sulla blockchain o a Wall Street.

Aggiungendo al tempo stesso che Coinbase in realtà avrebbe offerto piena collaborazione durante le indagini durante gli ultimi tempi. Una storia della quale in realtà molti già sospettavano, con i grandi exchange (e chi gestisce le quotazioni) che ha ovviamente un vantaggio competitivo enorme sul mercato, potendo acquistare prima di un rialzo quasi sempre certo.

  • Con l’aiuto del fratello

Wahi avrebbe operato non direttamente, ma fornendo questo tipo di informazioni al fratello e ad un amico. Cosa che ovviamente non sarà sfuggita a investigatori un minimo accorti e che hanno poi portato all’arresto di Wahi stesso.

Non un piano da grande genio del crimine, dati anche i volumi ridotti che è riuscito ad incamerare: un misero milione di dollari a fronte di possibilità infinite o quasi. Con tanto di invio verso le galere senza passare dal via.

Sì, la centralizzazione è un problema

O meglio, è un problema che pochi player di queste dimensioni abbiano così tanto impatto sul mercato, perché possono offrire occasioni ghiotte a persone di dubbia statura morale. Una centralizzazione che, ci siamo già spesi in questo senso, a nostro avviso aumenterà con l’aumentare delle regolamentazioni. Regolamentazioni che almeno in questo caso saranno occasione della moltiplicazione dell’occasione di truffe.

Proprio quello che MiCA e leggi in altri paesi, nonché gli oboli per iscriversi ai registri nazionali, sulla carta starebbero provando a combattere. Come dovrebbe essere ovvio anche da questa notizia, non sempre gli effetti dell’intervento “a favore dei consumatori” raggiunge gli obiettivi sperati.