Finalmente fa chiarezza il Financial Times, in una chiave di lettura riguardo MiCA ed altre normative di rango europeo sul mondo cripto che condividiamo, almeno nelle parti più salienti.

Un caos innescato da un framework normativo che entrerà in vigore tra 18 mesi e che lascerà diverse autorità statali nel limbo: decidere per conto proprio ma “per un tempo limitato” oppure rimanere senza regole fino all’ingresso di MiCA?

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Caos US: al MiCA mancano 18 mesi, e pagheranno innovazione, stati e aziende

Una situazione che sembra essere uscita dritta da un romanzo di Franz Kafka: il MiCA approvato soltanto la settimana scorsa entrerà effettivamente in vigore soltanto tra 18 mesi, in una versione probabilmente già vecchia per quanto si sarà materializzato sul mercato di Bitcoin e cripto e soprattutto lasciando una decisione impossibile in seno agli stati.

Cosa faranno gli stati europei?

Questi infatti, come viene efficacemente riassunto dal Financial Times, si troveranno a dover scegliere di non normare per 18 mesi in attesa dell’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel MiCA, oppure di normare cercando di adeguarsi già da adesso, fornendo però agli operatori del settore e agli exchange delle norme comunque frammentate e inadeguate per lo sviluppo pacifico del settore.

Un carico buttato senza troppo pensarci sui parlamenti e i governi nazionali, che potrebbero muoversi alla spicciolata aggravando il problema di frammentazione delle regole all’interno di quello che è uno spazio economico comune, costringendo tra le altre cose gli exchange, lo abbiamo visto già con Binance e anche con Coinbase a muoversi di paese in paese, moltiplicando costi, burocrazia e complessità dell’infrastruttura.

Un piano complessivo di livello così infimo che i malpensanti riterranno parte di un progetto per rendere la vita difficile a tutti gli investitori, sviluppatori e appassionati. Con la differenza però che questi si stanno già muovendo e continueranno a muoversi al di fuori dell’UE. Con introiti per l’erario, posti di lavoro e sviluppo che andranno altrove, a causa di interventi legislativi dell’autorità pubblica lenti, restrittivi e in ultimo non in grado di fornire all’industria quello di cui aveva bisogno.

Per ora licenze paese per paese e un monte di regole da rispettare

Per ora dunque si continuerà nell’arco dei 18 mesi con regole frammentate, necessità da parte degli exchange e degli investitori di muoversi con 28 leggi diverse e soprattutto con una barriera all’ingresso enorme per gli operatori meno strutturati.

Cosa che avrà ripercussioni enormi anche per il libero mercato delle cripto in Europa, con pochi intermediari di grandi dimensioni che saranno gli unici a poter governare processi di questo tipo. Per i clienti? Un pessimo affare, perché si sono create a Bruxelles le condizioni per un oligopolio che renderà sempre più difficile per gli operatori in crescita raggiungere quanto fanno i grandi exchange.

Parafrasando qualcuno che mai avremmo immaginato poter avvicinare all’Unione Europea soltanto qualche tempo fa, verrebbe da dire che Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente. Se non fosse che a proferire quelle parole fu Mao Zedong, che vedeva nel caos totale la condizione ideale per far partire la sua rivoluzione.

Una situazione paradossale, che ha già costretto Francia, Italia, Germania e Cipro a muoversi per conto proprio. E che probabilmente è stata la stessa che ha spinto anche l’Olanda a muoversi per conto proprio.