Il bear market non accenna a trovare la strada del letargo. A farne le spese tra gli altri la Corea del Nord, che forte di un wallet di stato particolarmente nutrito, si ritrova a fare i conti con un controvalore orami irrisorio.

Criptovalute che, negli ultimi anni, sono servite a Kim Jong-un per finanziare un programma di armamenti nucleari decisamente preoccupante. Criptovalute che, come sappiamo da tempo, provengono in gran parte da furti e hack ai danni di importanti servizi di scambio. Che il gelo dei mercati possa neutralizzare la minaccia di un ben più preoccupante inverno atomico?

La Corea del Nord paga il bear market

Quei simpaticoni al soldo di Kim Jong-un si sono costruiti una bomba in casa, per poi ritrovarsi con la miccia accesa e l’ordigno prossimo alla deflagrazione. O se preferiamo, si stanno facendo esplodere candelotti di dinamite sotto i piedi, e con un’incudine a marchio ACME che penzola sulle loro teste in perfetto stile Will, il maldestro coyote della Warner Bros che continua a far ridere anche su chain.

Qui da ridere però c’è ben poco, perché gli attori in scena sono un folle capo di stato e la sua linea di comando che, in barba alle blindatissime sanzioni internazionali, stanno approntando un arsenale atomico che fa paura a tutto il mondo.

Il tesoretto dell’autocrate ormai in fumo

Uno scenario più tragico che comico reso possibile, purtroppo in questo caso, dalla non censurabilità delle criptovalute, usate per pagare tecnici e ingegneri al soldo del clandestino programma nucleare della Corea del Nord.

Cripto il cui approvvigionamento è stato in buona parte dovuto all’abilità di hacker addestrati al furto di asset digitali ai danni di sistemi di scambio e a protocolli che hanno in custodia cripto. E in barba alla tanto decantata sicurezza che altri sistemi vanterebbero come pari o superiore a quanto Bitcoin può garantire nativamente. Ma questa è un’atra storia.

Tornando alla notizia, secondo stime del Tesoro americano sarebbero stati sottratti dall’ecosistema Ronin circa 615 milioni di dollari in USDC ed $ETH. Considerando che la Corea del Nord spende poco più di tale somma ogni anno per il suo programma nucleare, la vicenda si tinge di toni tendenti al tetro, tanto per citare uno dei furti più conosciuti.

Ma andiamo per gradi: qualche anno fa, un illustre ex di Ethereum ebbe la geniale idea di istruire i vertici della Corea del Nord all’utilizzo di criptovalute per aggirare l’embargo americano che attanaglia feroce il Paese. Il paffuto capo di Stato non se l’è fatto ripetere due volte, e in men che non si dica ha iniziato ad accumulare asset digitali in maniera lecita e non.

Risultato: talpa in carcere e Corea del Nord che nel giro di poco tempo ha incassato il necessario per portare avanti un programma di armamento nucleare, che mai come in questi tempi assume le sembianze di un terrificante quanto concreto spettro.

Bear market a Pyongyang

Il recente crollo dei mercati ha per fortuna, lo scriviamo paradossalmente, tirato un gran destro ai paffutissimi fianchi di Kim Jong-un, il cui wallet di stato adesso varrebbe poco più di 60 milioni di dollari, con perdite quantificabili in 170 milioni nel primo semestre dell’anno in corso.

La Corea del Nord incamerando così tanto valore in criptovalute, e non potendo far affidamento in toto a un sistema fiat che vede nel niet statunitense un limite pesantissimo, si ritroverebbe a questo punto con un pugno di mosche in mano. Situazione simile a quella di Celsius, con voci che si rincorrono sempre più spesso e che vorrebbero FTX pronto a rilevarne bilanci e stato finanziario, e questa volta lo diciamo senza soddisfazione alcuna.

Situazione ancora una volta tristemente simile a quella che sta vivendo Three Arrows Capital, il cui quasi cadavere è diventato appetibile alle Isole Vergini Britanniche, giurisdizione pronta alla liquidazione del fondo.